Siamo ormai, da sempre, abituati a sentir parlare dello psicologo catalogandolo con lo stereotipo di “professionista della salute mentale che si occupa di risolvere i problemi delle persone”, oppure “quella persona da cui vai quando sei depresso/ansioso/preoccupato/a disagio”. In generale, cioè, crediamo che lo psicologo sia solo quello clinico, ovvero quell’individuo che dopo la prima laurea generale in psicologia, la laurea magistrale in clinica e probabilmente il diploma alla scuola di psicoterapia, si è dedicato professionalmente alla cura e all’aiuto delle persone che soffrono di un qualsiasi disturbo psicopatologico, che siano adulti o bambini e adolescenti.
In realtà la psicologia, soprattutto nel corso degli ultimi 25 anni sta sempre più prendendo piede: anzi, in realtà c’è sempre stata ed è sempre stata trasversale ad ogni evento della nostra vita, ma solo ultimamente la stiamo iniziando a considerare come disciplina formalizzata e specializzata nei vari settori della nostra vita, tra i quali il lavoro.
La nascita della psicologia del lavoro, infatti, deriva dall’intuizione degli psicologi della metà del ‘900 che iniziarono a capire che modificando delle condizioni, le cosiddette variabili, al lavoro dell’individuo, si potevano ottenere risultati diversi in termini di performance e quindi di profitto.
Si iniziò, attraverso la ricerca scientifica (non dimentichiamoci mai che la psicologia è una scienza e in quanto tale utilizza il metodo scientifico e di conseguenza anche la matematica e la statistica!) a studiare e capire quali fossero le condizioni fisiche e psicologiche migliori affinché l’individuo si sentisse soddisfatto, più motivato, più produttivo e in generale in salute. Ma perché? Perché è così importante che l’individuo stia bene psicologicamente al lavoro?
Perché il lavoro svolge una parte fondamentale nell’identità dell’individuo: l’identità di ognuno di noi, infatti, non è univoca, ma dipende ed è influenzata dai vari ambienti di vita a tal punto che la stessa identità è formata da tante piccole identità, quali ad esempio l’identità sociale (fornita dalla nostra partecipazione alle relazioni sociali), l’identità di genere, l’identità di corpo, l’identità personale e anche l’identità lavorativa. Quest’ultima ha proprio a che fare con il concetto di sé che abbiamo rispetto al nostro lavoro, quanto riteniamo che il lavoro che facciamo sia coerente ai nostri valori, quanto la nostra professione ci rappresenta come persone.
Un secondo motivo per il quale è importante che l’individuo stia bene al lavoro riguarda il benessere personale e organizzativo: vi sarà capitato di avere delle giornate no a causa di un litigio con un con un collega o che non abbiate raggiunto un obiettivo. Chi più chi meno ha avuto in questo caso un pensiero negativo che ha portato con sé in modo più o meno intenso. Per altre persone, invece, questa tipologia di episodi è diventata una costante trasformandosi in un problema per lo svolgimento della propria mansione, per la buona collaborazione e in un ostacolo per il processo di lavoro generale. Più il tempo passa, più il conflitto aumenta e maggiori difficoltà si percepiscono nello svolgere un buon lavoro. Da ciò si evince che spesso non sia possibile separare nettamente la vita privata da quella lavorativa e rimuovere completamente i pensieri personali da quelli lavorativi: siamo pur sempre una sola persona! Questa è un’ulteriore dimostrazione del fatto che una buona collaborazione, rapporti sani, relazioni di fiducia, libertà di scelta, democrazia, benessere fisico, e quant’altro, sono fondamentali per ottenere il massimo dalle performance lavorative, e soprattutto per poter stare bene!
Tra i compiti più conosciuti c'è quello relativo alla selezione del personale, per il quale ha le competenze per somministrare test psicoattitudinali ed effettuare un buon percorso di selezione, che molto probabilmente non condurrà al candidato perfetto (come in ogni scienza è impossibile), ma che riduca il più possibile il margine di rischio, attraverso le tecniche del colloquio, dell’intervista e dell’assessment apprese nel corso degli studi.
Tra le mansioni meno conosciute, quella che già vi ho anticipato: fornire supporto al processo di lavoro, creare uno spazio di condivisione con i collaboratori in modo tale da poter essere un luogo sicuro di risoluzione di problemi, di crescita e di formazione. Avere lo psicologo in azienda significa essere riconosciuti come lavoratori ma prima di tutto come persone.
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